evento di strada del vino dell’etna
“Il FASCINO dello STRANIERO” :
6 espressioni territoriali di vitigni alloctoni
di PAOLO LI ROSI
La destagionalizzazione dell’area vitivinicola Etnea come focus della “Strada del Vino dell’Etna”, che opera, con svariati partners e coinvolgenti iniziative, per valorizzare il territorio etneo sotto il profilo esperienziale, naturalistico ed enogastronomico. In quest’ottica l’evento “ Il Fascino dello Straniero” presentato da Marika Mannino direttrice della “Strada” presieduta da Gina Russo, che presso la sala degustazioni del Centro Servizi di Milo, ha visto 6 cantine, in una partecipata masterclass guidata da Gioele Micali sommelier AIS, presentare alcune etichette che esprimono al meglio l’interpretazione dei vitigni internazionali fornita dal terroir vulcanico.
Gioele Micali ha ricordato che il titolo “Il Fascino dello Straniero” vuol porre l’accento sull’Etna, non solo per la propria tradizione vitivinicola ma anche per la ricerca, sperimentazione ed innovazione che, gli attori protagonisti titolari e rappresentanti delle aziende coinvolte, raccontano con i vitigni internazionali o meglio alloctoni trapiantati o ritrovati sul vulcano.
Offerti ai partecipanti i grissini di produzione artigianale del Panificio S.Andrea ed un piatto di PutiaLab, entrambi di Milo.
–Terrazze dell’Etna con Giuseppe Giuffrida ha presentato il loro Blanc Brut 2019, ricordando che la famiglia di Antonino Bevilacqua nel 2008, ha introdotto fin dal principio lo straniero chardonnay, nel versante nord dell’Etna. Uno Spumante Brut, che fa 36 mesi lieviti, metodo classico da chardonnay in purezza. Prodotta anche la versione rosato, 90% pinot nero e 10% nerello mascalese. E’ lo spumante rappresentativo dell’azienda che su 170.000 bottiglie prodotte, ha dedicato il 50% alle bollicine. Caratterizzato da una spuma compatta , con catene di bollicine molto fini e di buona consistenza. Al naso, esprime un corredo aromatico dapprima su note citrine, pompelmo, poi sfalcio di erba appena tagliata, con un frutto ancora croccante, le cui note acidule, ancora non pienamente integrate, chiudono in uno sbuffo di pepe bianco.
Sensazioni confermate al palato coerente per l’acidità succosa, freschissima, che richiama un secondo sorso, regalando sul finale uno sfondo dolce di crema pasticcera.
– Sempre lo chardonnay protagonista , ma in versione ferma, quello di Tenuta Tascante C’ERAGIA’ Chardonnay Doc 2020. Giulio Bruni ha ricordato che l’azienda Tasca d’Almerita nasce nel 1830 a Regaleali, contando oggi 8 generazioni di viticultori, da Capofaro a Sallier Latour. A Sciara nuova da una vigna vecchia, nasce il progetto Tascante, inizialmente senza cantina (si vinificava a Regaleali), finchè in c.da Rampante si acquista una cantina esistente dal 2000, azienda in cui esisteva un piccolo appezzamento di chardonnay. Storia antica quella dello chardonnay di Tasca, poiché introdtto già nel 1984, seppur il Conte Giuseppe fosse contrario. Fatica premiata anche quest’anno dai riconoscimenti ottenuti dal “Vigna S.Francesco” di Regaleali. “C’eragià” vinificato in acciaio per 2/3 e solo per 1/3 in legno delle tonnellerie Chassin, legni neutri con doghe piegate a vapore per non condizionare troppo il prodotto finale.
La scelta del legno, regala non il classico chardonnay siciliano, grasso, burroso e piacione, e spogliandosi del suo tessuto opulento, questo internazionale indossa i panni di un bianco di montagna, fine sottile dalla trama longilinea. Naso d’agrume, giocato però sulla sottrazione. Di fiori bianchi, quasi estivo, respiro iodato, sbuffo salino. Solo in lontananza si percepisce un’idea finale di cioccolato bianco e vaniglia. In bocca asciutto, la sua nota sapida, quasi salmastra, lascia presagire uno sviluppo interessante. La sua scia aromatica di erbette di campo, timo, origano, racconta con personalità l’idea del territorio di cui e’ figlio.
-Il primo rosso della masterclass, di Aitala , il Sirah 2021, di cui parla il proprietario Rocco Trefilletti, la cui famiglia coltiva in c.da Linguaglossa e Castiglione nerello mascalese da sempre.
Tre ettari complessivi che, ci racconta, pota in proprio per passione. Solo 3000 però le bottiglie di Etna rosso prodotte, 2000 del sirah e 2000 di Etna bianco. Il syrah, pur con i suoi pregi, ha il problema di coglierne con cura il momento di vendemmiare, per non farlo in surmaturazione. La produzione e’ di 50 q.li ettaro, ma in tutto quelli dedicati al sirah sono meno di 3000 mq. Ritrovate nel bicchiere le caratteristiche etnee, con rosso con nuance violacee, giovane, fresco e vivace, di grande pulizia. Al naso ricorda gli ambienti delle cantine, di frutti rossi e neri non perfettamente maturi, gelso rosso ed arancia sanguinella, con un’olfazione anche floreale di geranio rosso e violetta. In bocca il tannino appare adesivo, porta con sè però un bel finale sapido, piacevole e finemente amaricante.
-Merlot IGT 2020 di Scilio, e’ il secondo rosso alloctono in degustazione. Questo vino dell’Azienda di Giovanni Scilio si presenta al bicchiere di un bel rubino acceso, 2020. Al naso una nota balsamica rinfrescante di eucalipto, e poi un sentore di sottobosco, con una suggestione di fungo porcino. Al palato è un guanto di velluto, morbido e setoso, con una componente pseudo calorica evidente, la cui ossatura si regge pero’ anche su una parte fresca, di buona persistenza.
-Cottanera , propone la sua Mondeuse in purezza, una rarità, racchiusa in questo “L’Ardenza” Doc 2019. Il racconto introdotto da Federica Eccel, prosegue con la chicca di Gioele Micali che ci ricorda come questa sia l’unica espressione in Sicilia (e forse in Italia) di Mondeuse vinificata in purezza. Vitigno scontroso originario della Combe de Savoie. Negli anni ‘70 il padre di Francesco, Mariangela ed Emanuele Cambria, convertì gli originari noccioleti ed oliveti in vigneti di qualità che vantano oltre agli autoctoni carricante e catarratto, nerello mascalese e cappuccio, gli internazionali merlot, syrah, cabernet franc e c. sauvignon. La scala dei colori prosegue con questo carminio profondo de L’Ardenza, al naso introspettivo, preludio olfattivo di glicine, fiori rossi, erba medica, ma anche prugna disidratata, con inflessione terziaria di cuoio e tabacco, tostature. Chiude con una nota ferrosa quasi ematica, in un susseguirsi di sentori cadenzati che lo rendono complesso e fedele al vitigno, che in Savoia veniva vinificato senza dirasparlo, con macerazioni lunghe di 15 gg., ed una influenza che la parte verde apportava al mosto. Con le attuali tecniche di vinificazione, ne viene fuori da Cottanera un vino tannico ma elegante con un bel naso articolato.
–Pinot nero 2018 “U Toccu” di Al-Cantàra l’enfant terìble di Borgogna, che sull’Etna grazie anche a Pucci Giuffrida ha trovato una bella espressione. Ce ne parla Salvatore Rizzuto l’enologo di Al Cantàra, il quale precisa che, quanto a vitigni capricciosi, sull’Etna abbiamo il nerello cappuccio, con il suo forte potenziale redox. Il clone etneo di pinot nero, quello classico a pigna, ha antociani molto labili, quantità di tannino pronunciata, dal grappolo compatto, con acini piccoli e numerosi vinaccioli. Non facile di conseguenza far uscire il mosto dagli acini. Raccolto manualmente , spinto a completa maturazione, per polimerizzarne i tannini spesso molto pronunciati, viene raccolto a metà settembre, perchè precoce rispetto alle varieta autoctone. La sua sproporzione nel rapporto tra buccia , vinacciolo e polpa, abbisogna di un grosso tino apposito, dove viene sottoposto a delicate follature e non rimontaggi, per evitare che nel corpo pompa finiscano i vinaccioli, o che si estraggano tannini troppo secchi e pronunciati. In barrique quasi esauste fa malolattica, e riposa affinando un anno, per polimezzare le sostanze ammorbidendosi; poi ancora 1 anno in acciaio inox riequilibrandone il potenziale redox, ed infine un anno in bottiglia. Solo mezzo ettaro di vigna per questo pinot nero.
Le prime viti ad alberello maturano un po’ prima delle successive a spalliera. Al calice di un colore rubino trasparente con riflessi aranciati. All’olfatto ricorda rose rosse appassite, frutti rossi surmaturi, ma anche mela cotogna, chiodi di garofano e cannella, per chiudere su note di incenso, ed infuso di the nero. Vino complesso, equilibrato al palato, con un tannino ammorbidito, dona sensazione pseudo calorica e di freschezza che ne bilanciano il sorso.
In conclusione un viaggio accattivante in questo orizzonte territoriale così diversificato, apprezzabile anche attraverso i tagli vecchi e nuovi, guardando al futuro con curiose interpretazioni.