LA CRESCITA VULCANICA DEI GIOVANI CONDUTTORI

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Gli Etna Days dal 12 al 14 settembre a Castiglione di Sicilia organizzati dal Consorzio Etna Doc, rappresentano ormai un appuntamento imperdibile per la stampa internazionale e non solo. All’ombra del vulcano negli ultimi 10 anni la superficie vitata è cresciuta del 70%, le bottiglie di vino prodotte sono quadruplicate, l’enoturismo è un nuovo asset di alta fascia, praticato per i 2/3 da stranieri, a partire dagli americani. Ma l’Etna Doc – denominazione con 1500 ettari (al 60% bio) racchiusi in 20 comuni, 4 versanti, 133 contrade e circa 445 imprese produttrici – si sta rivelando un nuovo vettore sociale in particolare per il lavoro dei giovani che, sull’onda del successo del vino, hanno avviato imprese e investimenti nell’area. Secondo un’analisi del Consorzio in occasione degli Etna Days (12-14 settembre al Picciolo Etna Resort a Castiglione di Sicilia, Catania), la quota di aziende di vino condotte da giovani under 41 anni è arrivata ormai al 20% (8% le giovani conduttrici), il doppio rispetto a quella nazionale (10%) riscontrata da Ismea su base Istat. Un’accelerazione, quella dei giovani imprenditori, che nei 4 versanti etnei si è fatta ancor più evidente negli ultimi 3 anni (2020-2023), con un incremento nel periodo del 55% per un totale di 89 realtà produttrici. Trend questo molto più significativo rispetto alla crescita complessiva di nuove aziende (+16%).

La terza edizione degli Etna days vede protagoniste 100 cantine in tre giorni di degustazioni, visite in cantina, incontri con i produttori, approfondimenti e walk around tasting. Appuntamenti riservati alla stampa specializzata nazionale e internazionale (13 solo dagli Stati Uniti) per scoprire i vini prodotti alle pendici del vulcano attivo più alto d’Europa. In primo piano, le nuove produzioni a base di Nerello Mascalese e Caricante, le varietà principali per Etna Bianco, Etna Bianco Superiore, Etna Rosato, Etna Rosso, Etna Rosso Riserva, Etna Spumante bianco ed Etna spumante.

“Il vino qui è un calmieratore sociale sempre più decisivo – ha detto il direttore del Consorzio Etna Doc, Maurizio Lunetta in apertura dell’appuntamento clou della denominazione –. I giovani hanno ripreso a coltivare gli appezzamenti di vigna dei propri nonni, in una sorta di salto generazionale che permette di garantire lavoro a se stessi e a una manodopera molto numerosa. Complici i vigneti montani coltivati ad alberello, il totale del vigneto richiede infatti un monte annuale di oltre 200 mila giornate lavoro, con circa 2.500 persone coinvolte direttamente nella produzione. Siamo orgogliosi – ha concluso Lunetta – di contribuire nel nostro piccolo a frenare l’abbandono dell’Isola da parte delle nuove generazioni”.

Nonostante la fase congiunturale del settore, i report internazionali danno in ascesa il totale commercializzato (off + on-premise) ribadendo il posizionamento premium e ultrapremium del prodotto. Negli Usa il 63% delle vendite si inserisce nella fascia 15-25 dollari/bottiglia, contro un’offerta nazionale – compresa per l’85% nel segmento precedente, sotto i 15 dollari – che si ferma al 13%. Una quota sostanziosa (34% – e in crescita dell’8% nelle vendite – è poi quella che va dai 25 ai 50 dollari a fronte di una media italiana che nel segmento non supera l’1% dei volumi venduti. Al 4% la fascia luxury (oltre i 50 dollari), in forte contrazione anche nell’on-premise al pari del trend nazionale. 

L’ascesa, nell’ultimo decennio, della Doc Etna nella critica enologica internazionale sta garantendo la sostenibilità economica delle imprese (50 milioni di euro il fatturato franco cantina, 150 mila euro il valore del vigneto per ettaro, 5 volte più della media regionale) ma anche del territorio. Secondo uno studio dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, la domanda enoturistica (200 mila presenze) restituisce un valore aggiunto sull’area di 123 milioni di euro l’anno, e per ogni bottiglia consumata sulle pendici dell’Etna si genera un impatto (diretto, indiretto e indotto) in favore del territorio di 82 euro, 10 volte più del valore del vino alla produzione. Un ticket virtuoso, quello vino-vulcano in chiave turistica, che secondo il Consorzio è praticato dal 60% delle imprese con tour e degustazioni guidate, mentre il 15-20% ha investito direttamente su strutture dedite all’accoglienza e alla ristorazione.

La Doc Etna è stata la prima denominazione ad essere istituita in Sicilia nel 1968 e tra le pioniere in Italia, l’Etna doc si estende su un vigneto di 1500 ettari racchiusi in 20 comuni e 133 contrade. Oggi l’omonimo consorzio di tutela, che rappresenta il 90% del potenziale produttivo complessivo, riunisce 220 aziende per una produzione media annua di 6 milioni di bottiglie, di cui il 60% viene esportata, in particolare negli Stati Uniti, in Canada, Svizzera e Regno Unito.

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